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Il Novecento illustrato da Giandante
Aligi Sassu scrisse dell’artista: «Uno dei creatori del nuovo stile»
CASTEGGIO. “Giandante – Un grande del’900” è il titolo della mostra, curata da Edoardo Varini, che apre i battenti negli spazi della galleria Luca Sforzini Arte, in via Porro 2. In parete 130 opere realizzate dall’artista milanese (1899-1984) tra gli anni Venti e Settanta del Novecento, che ripercorrono la vita di questo singolare personaggio, pittore, scultore e architetto, ma anche poeta e filosofo. All’anagrafe Dante Pescò, divenne poi Giandante, cioè “eterno viandante”, con quella “G” davanti che sembra “God”, Dio, il Grande architetto-eterno viandante, e quella “X” in coda “che vale come l’Incognito che inscalfibile ci attornia”, commenta il curatore. Pare provenisse da una famiglia borghese. Persona schiva e solitaria, all’età di sedici anni l’abbandonò per intraprendere la sua vita di artista girovago. Molto attivo nella scena artistica milanese, condivise idee ed esposizioni con i grandi artisti del tempo, quali Carlo Carrà, Aligi Sassu, Mario Sironi, Renato Birolli, Bruno Munari e Giacomo Manzù. Autonomamente e in contrapposizione con il secondo futurismo, sviluppò un linguaggio di tipo costruttivista, utilizzato anche per illustrazioni nei primi numeri del giornale comunista L’Unità. A vent’anni presentò le sue opere in svariate mostre, ottenendo un notevole successo di pubblico e di critica. Espose alle prime Biennali di Monza e nelle più importanti gallerie di Milano. Anarchico, partecipò attivamente alla Guerra di Spagna, dove svolse un ruolo attivo per la produzione di materiale grafico di propaganda per le Brigate Internazionali, e in seguito venne fatto prigioniero in Francia. «Se ne accorgeranno tra qualche anno – scriveva di lui Aligi Sassu –, a Milano c’era Sironi, che era fascista populista, e Giandante, l’anarchico antifascista. è stato uno dei creatori dello stile Novecento; conosce trenta galere europee, scrive versi come Jacopone». E passò la vita scrivendo, dipingendo tele drammatiche, grandi e potenti volti a carboncino, manifesti e illustrazioni per giornali di sinistra, poesie scolpite in una materia linguistica incandescente; e fu sempre pronto ad accorrere dove la battaglia era per le lotte di liberazione dei popoli. «Giandante – spiega Edoardo Varini – cerca fratelli di lotta, e li trova, e li chiama “Cappe nere”, e li riunisce in un sotterraneo di piazza Duomo a Milano, ed insegna loro a combattere. Nel ´23 lo arrestano e lo torturano fin quasi a farlo impazzire. Ma falliscono, e il giorno dopo parla dell´accaduto come di ordinaria amministrazione. è di nuovo in piedi, a combattere. Si crede Robespierre, anche fisicamente, dice chi l´ha conosciuto bene. E forse lo è, per come osa e agisce». Info tel. 331-4125138. (c. arg.)
30 gennaio 2013